Veronica Diquattro

“Percorrere strade non battute.
Essere audaci.
Sfruttare l’errore e risolvere problemi.

Veronica Diquattro è nata a Bologna, ha una laurea in marketing conseguita all’Università di Bologna e una specializzazione in International management alla Bocconi di Milano. In un post scriveremmo di lei: tenace quanto determinata, amante della matematica e sempre in movimento.

Deve molto del suo carattere a ciò che ha imparato durante un viaggio in solitaria in Perù subito dopo gli studi universitari. Perché ampliare il suo orizzonte è stata la sua prerogativa costante, come quella di risolvere problemi e di percorrere strade non battute, supportata dalle differenti culture incontrate nel suo viaggio. Bagaglio, che le consente di mettersi in gioco, in ogni latitudine, in ogni sfida professionale.

Veronica, ho trovato ricorrente questa tua affermazione “Chi innova qualcosa deve pur rischiare!” In che modo si coniugano le due cose, in un momento così complesso?

Si, per me sono due concetti imprescindibili, perché provati sulla mia pelle, con le mie esperienze dirette: l’innovazione inevitabilmente richiede di percorrere delle strade non battute!

Richiede di sperimentare: fare qualcosa che probabilmente non ha fatto nessuno prima d’ora, sia dal punto di vista tecnologico che delle soluzioni “battute” per i servizi o prodotti che vengono proposti al mercato.
Penso a quando “noi” di Dazn abbiamo lanciato le prime trasmissioni di calcio in streaming: un esordio assoluto! Per la prima volta in Italia arrivava quel volume di traffico su una piattaforma di streaming. Abbiamo sbloccato quell’approccio al contenuto e stimolato l’investimento nelle infrastrutture di stato.

 

 

Uno sviluppo che ha prodotto un beneficio trasversale, non solo alla trasmissione del contenuto sportivo come per il calcio di serie A, ma anche per l’utilizzo e la fruizione dei canali digitali e altri contenuti di altre aziende, che grazie a noi, hanno potuto usufruire di un’accelerazione ed efficienza!
Credo che il mio shift sia nel modo di affrontare il concetto di innovazione, che porta con sé quello che io chiamo l’inevitabilità dell’errore, soprattutto se si utilizza una nuova tecnologia. Sappiamo benissimo che si possono verificare errori, grazie ai quali ci sarà spazio per delle future ottimizzazioni. Il vero punto non è l’errore, ma il cosiddetto fail better, come posso rivalutare e sfruttare l’errore, quello che non è andato secondo i piani in un’ottica di continuo cambiamento e miglioramento. Secondo me questo è un concetto fondamentale: sdoganare la paura di sbagliare, altrimenti non rinnoveremo mai e non saremo audaci, anche nel provare a fare qualcosa di fortemente diverso rispetto al passato. Questo è un pensiero ispiratore quotidiano che ho trasferito al mio team per spingerlo a sperimentare costantemente perché è legato ad un altro aspetto che, secondo me, è molto utile che aiuta le persone giovani ad intraprendere a sviluppare l’iniziativa one/two doors. Un tipo di azione, investimento e test contemporaneamente: ovvero nell’essere proattivo, nel non tirarsi indietro a seguire quelle decisioni che hanno delle vie di ritorno e non, che ti spingono a fare ovviamente uno studio, un’analisi più ponderata, prendere una decisione, verificarne gli effetti e se, richiesto, tornare indietro…

Veronica, dalla musica, al calcio e oggi i viaggi, sei stata ispirata in queste scelte dalla tua passione per l’innovazione tecnologica. Dal 4 ottobre scorso sei ufficialmente in Omio, motivata a produrre un impatto decisivo in questo settore. Conosciamo la passione per i viaggi e la vita all’estero, chi sarà il tuo viaggiatore- consumatore?

Sì, esatto, tutti questi passaggi che hai ricordato hanno sempre avuto un filo conduttore: l’ossessione di risolvere un problema in un determinato settore, con una soluzione che avesse un impatto quanto più possibile mainstream sul consumatore tipo. Per la musica, ad esempio, è stato nell’offrire tutta la musica nella stessa app, sempre a tua disposizione. Con Dazn era lo stesso concetto con l’aggiunta di portare la flessibilità e l’accessibilità al contenuto rispetto alla tv tradizionale, la tv lineare, e con OMIO, nel mondo dei viaggi la sfida è analoga, mi spiego: il mondo del viaggio e dei trasporti è molto frammentato. Ad oggi ci sono migliaia di operatori a seconda del mezzo di trasporto aereo, treno, bus, ferri, auto ma anche Airport transfer. Quindi, innumerevoli modalità di trasporto, con tantissimi operatori locali, strutturati e tantissimi minori che coprono però le tratte locali, ad esempio, la Etna trasporti, in Sicilia che ti porta dall’aeroporto di Catania verso la “nostra” Ragusa …Una complessità che il consumatore si trova ad affrontare da solo: capire dove trovare le informazioni, come combinare il viaggio prima di arrivare in un luogo. Un problema difficilissimo da risolvere, che ad oggi, ancora nessuno ha risolto! Aggregare il multimodality, alla fine di offrire una soluzione door to door, con una forte attenzione all’impatto ambientale, al risparmio economico e di tempo, che, come sai, adesso interessa soprattutto i giovanissimi, che guardano a questi temi con molto più interesse delle generazioni precedenti. Quindi, anche in questo settore sono chiamata a sbloccare un problema, proponendo un’offerta che ti permetta di avere tutte le tue soluzioni all’interno di un’unica app per viaggiare di più e meglio.
Il mio il consumatore target dicevi? Si, sicuramente è il consumatore giovane e internazionale che vuole viaggiare in Europa, scegliendo come mete l’Italia, la Spagna e la Francia, ad esempio, in una modalità semplice, avendo tutti gli operatori aggregati in una stessa applicazione, piuttosto che andare a cercare i vari operatori locali. Ovviamente vogliamo espanderci molto di più, ed è l’obiettivo del mio ruolo, quello di diventare sempre più rilevante per i consumatori europei: per l’italiano che vuole viaggiare nella penisola come negli stati europei. Vorrei aggiungere che la mia ambizione di lungo periodo è di dare più accessibilità e visibilità a tante location e destinazioni che sono fuori dalle rotte del distretto turistico tradizionale, anche qui portare un impatto, uno sviluppo che vada ad aiutare tutto il sistema Paese a livello più capillare. Sono arrivata da qualche mese, ma stiamo già lavorando con il mio team per mettere a terra progetti che possano sviluppare questa visione!

Sei una leader affermata e una sostenitrice del “giving back”. Come mentore qual è la formula del successo che hai visto crescere nelle start-up che segui?

Per me il mentoring è relazione. È scambio, non solo giving back.
Con questi ragazzi, startupper o studenti, la relazione formale e informale, è uno stimolo e un arricchimento!
L’approccio vincente, secondo me, è quello che ti pone in ascolto, in qualsiasi situazione tu puoi imparare, nonostante il tuo bagaglio, le tue certezze, gli altri hanno un valore aggiunto: ovvero, farti vedere le cose dal loro punto di vista che accresce e stimola la tua analisi e la tua realtà. Sono grata alla Bocconi per questo, assieme alle altre istituzioni che mia hanno dato quest’opportunità di supporto, e purtroppo il tempo non è mai abbastanza per seguirne di più.
Credo sia giusto incentivare sempre più imprenditori e manager ad impegnarsi in questa strada…

Tornando alle start-up la formula del successo per me è tutta nelle persone, nella composizione del gruppo. Per quello che ho avuto modo di vedere l’80% è fatto dalla capacità del team stesso, di come sono in grado di portare avanti il progetto, l’idea direi, che valga il 20%. Lo so sembra severo ma ci credo fortemente.

Puoi avere l’idea più disruptive ma poi dopo non sei in grado di portarla a terra, non si realizza il progetto imprenditoriale.
Oppure, non sei in grado di reagire a quelli che sono i cambiamenti di mercato: dopo essere partiti in un modo, succede qualcosa di catastrofico: come il covid, la guerra in Ucraina, e il team non è in grado di fare quel pivot necessario a ricalibrare il modello di business, per iniziare un altro percorso, un’altra rotta. Lo vedi adesso in questa fase dove sia i mercati, che i fondi sono limitati e devi dimostrare migliaia di volte di più, rispetto a quanto accadeva 5 anni fa, che sei in grado di fare poi questo shift verso un efficiency, con un focus sulla revenue molto più forte. Un cambiamento di approccio rispetto al mondo delle start-up di 10 anni fa, se ci pensi? Invece da oggi, appunto, la situazione completamente diversa, e quelle startup che sono state in grado di adattarsi, sono proprio quelle squadre fatte da persone con un mindset flessibile, con mix equilibrato di diverse competenze e esperienze, non è solamente la diversity di genere ma di età, di provenienza di settori di expertise e di skills, che portano sul tavolo progettuale e operativo.
Ai giovani che vogliono intraprendere, ricordo questo modello di costruzione del gruppo di lavoro, ma anche la scelta di una rete di supporto di professionisti, advisor e inventor pronti a seguire tutte le diverse fasi di sviluppo, focalizzati su quello che è il tuo business e il tuo problema da risolvere. Perché per ogni problema risolto la tua impresa e tutta la comunità, ne avrà un beneficio.

In Italia è possibile contrastare il gender gap partendo dalle discipline Stem? Vista la tua passione per i numeri, quelli italiani sono impietosi…

Penso sia innegabile. Leggevo gli ultimi dati del rapporto UNESCO, preoccupante la percentuale di donne che si laureano in indiscipline STEM, ma anche la percentuale che lavora nel mondo AI. Se pensiamo che il mondo delle nuove tecnologie è il core, perché adesso tutto si sta spostando in quella direzione, vuol dire che noi già oggi ci stiamo escludendo una fetta di mercato importantissima nella quale le donne non prenderanno parte a questa rivoluzione!

Tutti insieme facendo sistema dobbiamo cambiare le cose! Parlando di imprenditoria al femminile e di accesso ai capitali, anche lì, abbiamo delle percentuali bassissime di donne, motivo per cui tanto del mio lavoro business Angel è rivolto proprio a loro.

Io continuo a ripetere però, che parte dall’educazione, dai primissimi anni di vita, la passione per le discipline tecnico scientifiche. Tante volte vi sono condizionamenti culturali, pregiudizi di genere. Ho letto degli studi molto interessanti che analizzano azione e conseguenze di come addirittura da prima delle elementari, creiamo dei bias nei comportamenti delle bambine, nati anche dal modo in cui parliamo con loro, degli esempi che vengono scelti nelle scuole materne e primarie per l’insegnamento.
Queste scelte contribuiscono a creare un divario. Che prima è percepito e poi diventa reale nella scelta universitaria di quelle bambine una volta divenute adulte.
Ne consegue che prima di tutto è una questione educativa,. E dalla scuola si deve ripartire.
Per essere audaci e percorrere le strade non battute!

Scritto da:

Eleonora Diquattro   Journalist | CSR Specialist

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