Ersilia Vaudo

“Siamo chiusi nella gabbia dei nostri cinque sensi, perché ci siamo evoluti così.

Ma se allarghiamo lo sguardo più cose diventano possibili”

Siamo figli delle stelle e di sua maestà la gravità

 Astrofisica e Chief Diversity Officer dell’ESA, è Presidente e co-fondatrice de Il Cielo Itinerante, associazione che porta la scienza e lo spazio ai bambini delle zone di povertà educativa. Ha curato la XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, svoltasi nel 2022 sul tema “Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries”. Il Presidente della Repubblica le ha conferito l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine della Stella.

Spesso siamo affascinati dalla volontà di vedere oltre, dalla scoperta di ogni aspetto della conoscenza.

Per questo motivo, desideriamo ascoltare le storie di chi ha fatto del superamento dei confini la cifra del suo percorso. Non solo sulla terra.

Foto copyright © Gianluca Di Ioia

Perché i confini non sono solo geografici o conseguenza dei nostri stereotipi, della nostra zona di confort, sono il motivo che spinge l’uomo ad alzare lo sguardo e a scoprire un “cielo itinerante” e un tempo “straniero e familiare”.

Con l’astrofisica Ersilia Vaudo, in European Space Agency – ESA dal 1991, oggi anche Chief Diversity Officer, proveremo a viaggiare nello sconfinato sconosciuto: dallo spazio alla tecnologia, dalla materia ai bellissimi cieli africani, passando per il riscatto di meraviglia e consapevolezza dei bambini delle zone con i rendimenti più bassi in matematica secondo i report Invalsi.

Proveremo a capire, come ognuno di questi aspetti impatti sullo sviluppo (o regresso) del nostro sistema economico nazionale.

Il superamento della povertà educativa è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU anche in Italia. Nello specifico, garantisce a tutti un’educazione di qualità, equa e inclusiva. Da dove nasce il viaggio del Il Cielo Itinerante?

Questa è da sempre una mia convinzione. Una rivoluzione educativa ci sarà, solo quando saremo in grado di includere tutti nella più grande delle avventure: la scienza! E non perché tutti debbano essere scienziati, ma perché questo è un linguaggio, un’appartenenza che magari ci spaventa, ma di cui facciamo parte. La matematica è il linguaggio dell’esterno e uno degli “abilitatori di futuro”. Per quello che accade in Italia, la riflessione è duplice: da un lato l’economia, un paese debole in matematica rischia poi di diventarlo economicamente, guarda il caso di Singapore… E poi, chi si sente inadeguato alla matematica, sarà più incline a delegare dei ragionamenti complessi, a diffidare degli esperti, e non saprà distinguere nella lettura delle cifre, fra cosa è possibile e cosa invece è manipolato. La tenuta della democrazia, ne consegue, dipende dal rafforzamento delle capacità di comprensione della matematica. Questo elemento è particolarmente importante nel nostro paese per una serie di fattori: il più grande divario di competenze di genere tra gli adolescenti: le ragazze, inoltre restano fuori dalla matematica e poi c’è poco da fare al liceo per convincerle. Ancora abbiamo purtroppo, la più grande percentuale di adulti che dicono di non capire nulla di matematica. Questi poi sono i genitori, quasi il 30%, che seguono i figli nella Dad. Il periodo di pandemia ha intensificato queste disuguaglianze. In Italia le differenze di competenze in matematica, non sono “misurabili” solo sull’asse del genere, ma anche sull’asse geografico (nord e sud) e ugualmente, sull’asse socioeconomico: per chi nasce in una situazione di disagio, in quartieri svantaggiati, si verifica una sorta di determinismo sociale. In realtà è vero in tutti i paesi Ocse, davvero una condanna pronunciata prestissimo nella vita di un bambino, di una bambina, perché dobbiamo ricordare che proprio alle elementari che si sviluppano capacità, diffidenza o amore per la matematica….

Oltre a questa analisi del contesto, l’idea è nata grazie all’incontro con una collega astrofisica africana. In Kenya, lei e il marito, nel fine settimana mettevano un telescopio sulla macchina e facevano il giro per i villaggi per interessare i bambini. E da subito mi era sembrata un’idea meravigliosa! La collega mi raccontava di come questi bambini impazzivano nel guardare le stelle. Se pensi poi ai meravigliosi cieli africani, ci credi, non sono i cieli italiani così inquinati di luce… Il gruppo di lavoro che ha dato il via all’associazione è nato grazie alla collaborazione con Alessia Mosca, Giovanna dell’Erba, Giulia Morando ed altre.  Abbiamo iniziato a Forcella, un primo esperimento che si chiamava Forcella Brilla con La Casa di Vetro, un posto per il doposcuola nel cuore di Forcella, gestito dall’associazione Fulvio Velardi. Un luogo bellissimo, dove per i bambini abbiamo organizzato una settimana di esperimenti. Con noi, imparavano a riconoscere comete, a lanciare razzi, a costruire satelliti! Un entusiasmo crescente… Ci siamo resi conto che il nostro progetto poteva evolversi in un “viaggio “duraturo. Inoltre, ci siamo accorte che quello che auspicavamo, accadeva sotto i nostri occhi: la capacità di immaginarsi nel futuro, di immaginare qualcosa di diverso per sé stessi, al di là e oltre la difficoltà sociale di partenza…

Il nostro laboratorio è cresciuto grazie agli sponsor. L’anno scorso, al secondo anno di attività, abbiamo coperto oltre 60 tappe, scelte sempre sui risultati Invalsi nelle zone di povertà educativa, e raggiunto più di 3000 bambini, da nord a sud con grande entusiasmo. E da “scientifiche” abbiamo voluto misurare l’impatto dei nostri laboratori con Ipsos: sono emersi risultati straordinari! Abbiamo distribuito un questionario ex ante e uno ex post: Per esempio ex ante, i bambini pensavano che per essere bravi in matematica fosse necessario il talento, la predisposizione, e alla fine hanno dato valore alla passione di esplorare, di provarci e di fallire anche, e dopo ricominciare. È una consapevolezza che mancava! Che bloccava moltissimo soprattutto le bambine. Sono loro, piu dei bambini, molto più sensibili al fallimento.

Riguardo alla questione di genere, come guidiamo l’inversione di rotta per le donne e la loro presenza e crescita nelle STEM?

Deve essere attuato uno sforzo comune di scuola e genitori. Senza delegare però alla scuola tutto, ma già a casa stimolare la curiosità dei bambini. Se un genitore non conosce la risposta ad una domanda scientifica, non deve viverla con frustrazione, ma al contrario deve reagire cercando la risposta, così nascerà nei più piccoli il piacere e non la rinuncia a porsi nuove domande. Poi c’è il contatto con la natura! Per i bambini è un modo straordinario di scoprire le cose: Perché il cielo è blu? Cosa c’è dietro un orizzonte? …Sentire da genitori, che l’importanza del futuro dei figli è nell’accrescere un linguaggio di scoperta e curiosità. Il mio sogno è che in un futuro, spero prossimo, nessun genitore accetterà mai di sentirsi dire che il figlio e la figlia non sono portati per la matematica!

La carriera delle donne in ambito stem? Ci siamo arrivate. E ne siamo diventate leader, ricoprendo posti di comando. Ma non è tutto. Anzi, gli ambiti STEM soffrono un po’ delle stesse problematiche presenti negli altri settori: c’è una dispersione di talenti! Si fa carriera più lentamente e ci sono poche donne nelle posizioni apicali, e questo non dipende dalle minori competenze. Ne consegue che c’è qualcosa che non va. Quello che funziona, invece, sono le alleanze: cioè la volontà di chi “arriva” di fare da traino alle altre. In modo che non venga vista come una vittoria individuale ma che diventi una “funivia” per tante. Questo può accadere anche attraverso il mentoring, mi capitato di farlo tante volte, anche a livello internazionale. Mi ricordo di una ragazza israeliana quarantenne, mi resi conto ascoltandola, che le problematiche erano sempre le stesse, universali direi. Un esempio? Sono in una platea di uomini non riesco a prendere la parola, quando finalmente la prendo mi dicono, che quello di cui sto parlando, non è corretto o non c’è tempo. La reazione è la cosa terminante, per questo motivo bisogna parlarne e condividere “trucchi” ed esperienze, per trovare gli strumenti giusti per canalizzare l’attenzione di ogni “platea” al fine di rafforzare la nostra crescita personale e professionale nel tempo.

Time: the Familiar Stranger. Tempo, lo straniero familiare, l’inquietante vicino: con questa immagine Julius T. Fraser, fondatore nel 1966 dell’International Society for the Study of Time, ha definito il tempo. La tua immagine di tempo?

La mia immagine di tempo l’ho usata alla Triennale, ad esempio con Gaia e lo scontro tra le due galassie per dimostrare che il futuro non è necessariamente uno sconosciuto. Che il tempo è Familiar Stranger per citare Fraser.

Nel primo capitolo del mio libro “Mirabilis” in uscita per Einaudi, spiego proprio questo: dire che il futuro sia davanti è un fatto “culturale”! Per alcune tribù, come la comunità indigena il Papua Guinea, il futuro è dietro perché non lo puoi vedere, e il passato davanti perché lo conosci. In realtà è esattamente il modo in cui noi osserviamo l’universo: noi guardando davanti stiamo guardando il passato perché la luce ci mette tempo a viaggiare, quindi un po’, siamo Papua-guineiani anche noi!

E questo ci aiuta, ci serve a…?

Ci serve, ci aiuta a liberare il senso di meraviglia. Tutto il percorso della Triennale è stato funzionale a questo! Davanti all’appartenenza a qualcosa che non conosciamo, ma che fa comunque parte del nostro mondo, perché noi siamo effettivamente polvere di stelle, siamo parte di quegli elementi prodotti dalle stelle di idrogeno e il nostro bicchier d’acqua viene dal Big Bang …Purtroppo siamo chiusi nella gabbia dei nostri 5 sensi perché ci siamo evoluti così, ma questo non vuol dire che non ci sia un mondo straordinario là fuori! Ricercare il piacere di essere distanti dalla zona di conforto e di avere un rapporto con l’impossibile, che non sia di arroganza, ma di punti di vista in più. Se si allarga lo sguardo, più cose diventano possibili.

La prima volta che la Via Lattea è stata descritta da un artista era il 1609, a Roma, dalle pennellate di un pittore tedesco, Adam Erseimer, e dal suo racconto della Fuga di Egitto. Da allora la relazione, il dialogo e la contaminazione tra Arte e Scienza è stata più o meno costante. Fino alla tua direzione della Triennale, con un record di più di 330.000 presenze. Il tuo bilancio. Le tue risposte.

Non ci sono risposte, ma il piacere di cercare anche nell’impossibile.

Siamo noi l’interlocutore. Ogni tipo di conoscenza, non solo ha i suoi limiti ma anche il suo anelito. Tutta l’esposizione è stata legata alla creazione del piacere, nell’interrogarsi: è una dinamica, non è mai un punto d’arrivo! La nostra comprensione dell’universo è andata avanti a rivoluzioni e a cambiamenti di prospettiva che hanno mandato tutto sottosopra. Sentirsi stimolati da uno sguardo scientifico, al cielo che diventa un acquerello, di segni di mondi sommersi, comunque noi siamo il paese del Rinascimento, sappiamo già che la scienza senza la luce dell’arte, sarebbe stata un’altra cosa.

Ho scritto “Mirabilis” perché ci sono dei mondi straordinari, e non trovo giusto siano per pochi. Mi riferisco a quelle intuizioni straordinarie che hanno cambiato il nostro modo di vedere l’universo. Come la grandissima intuizione che ebbe Newton; in fondo fino ad allora c’era un mondo sublunare e un mondo celeste governati da leggi diverse. Newton, a un certo punto, enuncia che questa “cosa” che fa cadere una mela (perché dovrebbe fermarsi sulla cima dell’albero!), magari è la stessa “cosa” che fa girare i pianeti. Un’intuizione straordinaria! Ecco che sua maestà la gravità (io la chiamo così) entra in scena. La gravità, di per sé è un soggetto straordinario, ci sono 1000 storie bellissime che possiamo raccontare. Poi, parlo anche di Einstein, della relatività speciale, cioè il capire che il tempo non è lo stesso per tutti, e il fatto che andando molto veloci il tempo rallenta, una cosa assolutamente disruptive: cioè il tempo non è più quello newtoniano assoluto, la velocità della luce manda tutto all’aria! Racconto anche della relatività generale: questa idea che la gravità faccia “cadere” il tempo. E’ una cosa incredibile, eppure provata: non sono solo teorie, ci permettono di descrivere la realtà. Questo è il motivo per cui dobbiamo correggere il segnale GPS perché il tempo sulla terra “cade”, in qualche modo si allunga rispetto al tempo che misurano i satelliti. Inoltre parlo del Big Bang, di quando Hubble capì non solo che l’universo era popolato, ma che ha avuto un inizio, una storia e un’età, cosa che fino ad allora nessuno aveva mai immaginato: E poi? Parlo anche dell’antimateria che “sbuca” da un’equazione, e anche lì c’è tutto un mondo bellissimo e tante cose che ancora ci sono da capire e da scoprire…

Scritto da:

Eleonora Diquattro   Journalist | CSR Specialist

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